Letizia Giangualano su Alley Oop. L’altra metà del Sole il 21 aprile 2022

Progettare spazi urbani inclusivi: l’Atlante di genere di Milano

All’inizio degli anni ‘90, a Vienna vennero condotti una serie di interventi urbani con una prospettiva di genere: tutto cominciò con una mostra, nel 1991, intitolata “To whom does public space belong? Women’s everyday life in the city” (A chi appartiene lo spazio pubblico? La vita quotidiana delle donne in città), seguita nel 1992 da un concorso, rivolto a sole donne, per la realizzazione di un complesso residenziale di social housing. Il percorso di riorganizzazione degli spazi urbani, portò all’istituzione del “Women’s Office”, coordinato per prima dall’urbanista e femminista Eva Kail. L’ufficio raccolse nel 2002 le opinioni di giovani ragazze utenti di un parco, che fecero emergere indicazioni importanti sulla differenziazione dell’offerta di gioco: se in uno spazio pubblico troviamo sempre il campetto da calcio, ma mai un tavolo da pingpong, o a un campo da tennis, è chiaro che certi stereotipi sono radicati in architettura e in urbanistica.

Gli studi e la ripianificazione avvenuti a Vienna, hanno mostrato che le città, abitate da uomini e donne, rispondono molto più naturalmente alle richieste degli uomini di quanto facciano con le richieste delle donne, e che solo una prospettiva strutturata e trasversale può dare vita a spazi più inclusivi e abitabili. Ma a che punto siamo con l’urbanistica di genere in Italia, oggi? Partiamo da una città che si vuole emancipata e moderna, come Milano ad esempio. 

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