
Sex & the City è una lettura di genere degli spazi urbani che persegue il superamento dei dualismi conflittuali tra maschile e femminile, produzione e riproduzione, spazio pubblico e spazio privato.
A partire dalla fine degli anni Sessanta, l’ibridazione dello spazio attraverso pratiche spaziali innovative informate dalla teoria femminista ha suggerito un uso sociale radicalmente nuovo dello spazio urbano. Di conseguenza, lo spazio stesso ha assunto nuovi valori e significati. Insieme a ciò, la ridefinizione della soggettività politica delle donne si è costituita, nella sua storia, in luoghi necessariamente separatisti situati al di fuori delle sfere culturali tradizionali e pubbliche, ancora organizzate dagli uomini nella società italiana. Ciò ha significato la creazione di spazi politici contro culturali e di opposizione, in contrasto con le relazioni di potere esistenti e a rappresentazione dei lati sotterranei e clandestini della vita sociale. Il lavoro femminista ha esaminato lo spazio urbano in termini di relazioni spaziali continuamente prodotte e contese all’interno delle città. Lo spazio urbano, inteso essenzialmente come prodotto sociale, riguarda una serie di relazioni che sono create da forze di produzione, pratiche sociali, tecnologie e prodotti della conoscenza diversi, come anche strutture e istituzioni sociali. Varie indagini non solo hanno dimostrato un uso differenziato dello spazio pubblico da parte di uomini e donne , ma confermano inoltre che queste ultime variano i loro percorsi quotidiani, i luoghi che attraversano e l’orario di molte delle loro attività, per paura e per percezione di insicurezza. Le loro percezioni, nel bene e nel male, sono legate alle esperienze quotidiane e alle interazioni sociali che si oppongono al valore di scambio normalmente riferito al contesto urbano, alla rigida funzionalità dei loro usi e alla materialità statica e immutabile delle rappresentazioni dominanti ed escludenti.
Una pianificazione urbana attenta anche a questi fattori e sensibile al carattere caotico, dinamico e complesso che racchiude la realtà urbana stessa, non può progettare città irrigidite da concezioni tecniche ideali, razionali e chiuse, ma deve necessariamente essere aperta alla collaborazione, alla negoziazione e partecipazione dei diversi attori che abitano spazi pubblici e privati. Ridisegnare le città in una prospettiva di genere significa «concepire lo spazio urbano in modo flessibile, con la capacità di rispondere ai bisogni, ai desideri e alle rappresentazioni socio-spaziali della diversità dei soggetti, incorporando i diversi modi di vivere e di rendere effettivo il diritto alla città» (Tello, 2009:288).