di Azzurra Muzzonigro, pubblicato su DiTe, Aisre il 19 aprile 2022

Come può la città contribuire a modificare credenze e stereotipi consolidati in millenni di cultura patriarcale che vedono le donne come le principali responsabili del lavoro di cura, come angeli del focolare domestico lontano dal quale sono facili prede della voracità maschile? Adottare una prospettiva di genere nella pianificazione della città, non significa solo contrastare le conseguenze dei fenomeni di prevaricazione dell’uomo sulla donna, ma modificare alla radice l’impostazione culturale tale per cui questa divisione della società sia considerata “normale”. I modi per farlo sono molteplici – si può ad esempio iniziare a intitolare molti più spazi pubblici a donne, o creare le condizioni per cui i luoghi della paura delle donne diventino invece luoghi di sostegno reciproco – ma non è certo la pianificazione da sola a poter cambiare lo stato delle cose. Per mettere in atto questo cambio di paradigma occorre uno sforzo coordinato, congiunto e capillare che coinvolga l’azione pubblica in tutte le sue espressioni operative. 

Secondo i dati raccolti da Rete Toponomastica, in Italia le intitolazioni femminili di strade, vie, piazze, e spazi pubblici in generale si aggirano fra il 3% e il 5% del totale. È un dato significativo della profonda disparità di genere che attraversa la sfera pubblica.

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