Elisa Cuter, Ripartire dal desiderio
Minimum Fax, 2020

«parlare di differenza di genere non vuol dire parlare di femmine o maschi biologici. […] non si tratta di due principi che esistono in natura, ma di due posizioni che vengono prodotte dal conflitto che si origina nel desiderio».

Fin dalla storica domanda di Sigmund Freud «cosa vuole la donna?», la questione del desiderio è intrinsecamente legata alla differenza di genere e in particolare al femminile. Un femminile basato proprio sull’impossibilità di rispondere a tale domanda: un oggetto misterioso, un «altro» su cui ci si interroga. Partendo da Non è la Rai, passando per il #metoo, gli incel e l’educazione sessuale, Elisa Cuter indaga quella che viene percepita come l’attuale «guerra tra i sessi», e arriva a ribaltare alcuni luoghi comuni del femminismo mainstream, chiedendosi se abbia ancora senso rivendicare un’identità storicamente costruita come subalterna. 
Ripartire dal desiderio, incrociando e mescolando personal essay, psicoanalisi, filosofia e sociologia, cinema e cultura pop,cerca di determinare il senso presente dell’equazione «il personale è politico» (lascito fondamentale della riflessione femminista) e offre una critica radicale del moralismo che si è impossessato del discorso politico. 
Un punto di vista originale su argomenti centrali nel dibattito pubblico di oggi elaboratoattraverso un racconto analitico capace di mettere in relazione fenomeni apparentemente distanti tra loro; ma soprattutto un invito ad abbandonare il porto sicuro dell’identità per porsi sfide più ambiziose e domande più inquietanti, proprio come quelle che ci pone il desiderio. 

Dogma + Realism Working Group, Communal Villa. Production and Reproduction in Artists’ Housing
Spector Books, Wohnungsfrage | Haus der Kulturen der Welt 2015

«How can the housing question (Wohnungsfrage) be appropriately reformulated in an age in which the work / life distinction is becoming increasingly blurred? The Realism Working Group and the architecture firm Dogma – in consultation with Florian Schmidt, Studio Commissioner of the Kulturwerk bbk berlin – are developing new living and working spaces for artists that challenge traditional designs and their underlying economic frameworks.»



Artistic practice is exemplary for a biopolitical configuration in which life and work cannot be clearly separated. Communal Villa: Production and Reproduction in Artists’ Housing questions the very idea of the house as a private sphere, separated from the world of production. While in the last century the industrial loft has been imagined as the ideal space for artists, Brussels-based architects Dogma and the artists’ collective Realism Working Group have proposed a housing prototype that sets focus on the villa, usually seen as one of the most emblematic representations of the private domain. Emphasizing the increasing domesticity of cultural production (whether the result of post-studio practice or an effect of precarious economies), Communal Villa argues that it is no longer possible to reduce work to the studio space.

Priding itself on its artistic environment Berlin serves as a specific laboratory, as did New York’s Chelsea, or London’s Shoreditch. Since the 1990s, in the aftermath of the fall of the Wall, thousands of artists and cultural workers moved to the German capital—not least because of the abundance of space—and turned it into a global cultural hotspot. In terms of spatial production, these pioneers occupy an increasingly contradictory role: as critical commentators and, often unwillingly, the avant-garde of the real estate, they are both victims and perpetrators of the booming housing market.

With Communal Villa, Dogma (Pier Vittorio Aureli and Martino Tattara) and Realism Working Group (Jessica Sehrt, Martin Stiehl, Jeronimo Voss) propose a realist model in which artists take the housing question into their own hands, articulating radical relations between solitude and communality, developing socio-economic structures removed from the logics of the real estate market. The conversation with Florian Schmidt, studio commissioner at the Kulturwerk des bbk berlin, sheds light on data and statistics of artists’ studio space, whereas architect Robert Burghardt, who has been working with various initiatives within the Mietshäuser Syndikat, provides insight into the mechanisms of alternative juridical and financial models for housing.

Paul B. Preciado, Manifesto controsessuale
Fandango, 2019

«Come affrontare il sesso in quanto oggetto di analisi? Quali dati storici e sociali intervengono nella produzione del sesso? Cos’è il sesso? Cosa facciamo veramente quando scopiamo? Le pratiche sessuali di chi scrive influenzano il suo progetto? Se sì, in che modo? Quando si affronta il sesso come soggetto filosofico si dovrebbe fare “sesso seriale” oppure tenersi a distanza da tali attività per motivi scientifici? I queer possono scrivere dell’eterosessualità? E si può scrivere sull’omosessualità se si è eterosessuali?»



Dall’autore di Pornotopia, Testo Tossico e Terrore Anale, torna in libreria, a vent’anni dalla sua prima edizione, in una nuova versione completamente aggiornata, un libro imprescindibile per comprendere il dibattito contemporaneo intorno alle politiche femministe, queer e trans genere.
Rovesciando tutti i vincoli sulle limitazioni a ciò che può essere fatto al corpo e con il corpo, Paul B. Preciado espone nuovi principi per una rivoluzione controsessuale che riconosce i genitali come oggetti tecnologici e offre un vero e proprio manuale per smantellare passo passo il contratto sessuale eterocentrico. Supportato dagli studi di Derrida, Foucault, Haraway, Butler e Deleuze, l’autore scava ancora più a fondo nella decostruzione della presunta naturalità dell’identità e, a partire dall’affermazione che il dildo precede il pene – nella storia della sessualità l’artificio, quindi, compare prima della natura –, pone le basi per nuove pratiche di liberazione sessuale. Mai prima d’ora un libro era riuscito nell’intento di somigliare così tanto a un vibratore high-tech, e raramente il terrorismo intellettuale è stato così rigorosamente documentato. Manifesto Controsessuale è un libro oltraggioso, un testo letterario performativo, un saggio di teoria trans e un invito all’azione. Segna un punto di non ritorno negli studi di genere, e chissà, anche nell’intimità di chi lo legge.

Wolf Bukowski, La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro
Edizioni Alegre, 2019

«Perché sdraiarsi su una panchina sarebbe indecoroso e incivile? Perché una persona civilizzata non lo farebbe. Perché una persona civilizzata non lo farebbe? Perché è indecoroso e incivile. Tutte le apparenti spiegazioni si alimentano (e quindi si annullano) a vicenda, e il residuo che lasciano è solo la sagoma del noi che si arroga il diritto di scacciare loro, gli altri.»



È in corso da anni una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica ma fatte della sostanza di cui son fatti i miti: Furio Jesi chiamava idee senza parole gli artifici retorici di questo tipo, con cui la cultura di destra vagheggia fantomatici «bei tempi andati» di una società armoniosa. Lo scopo è cancellare ogni riferimento di classe per delimitare un dentro e un fuori, in cui il conflitto non è tra sfruttati e sfruttatori ma tra noi e loro, gli esclusi, che nel neoliberismo competitivo da vittime diventano colpevoli: povero è chi non si è meritato la ricchezza. Il mendicante che chiede l’elemosina, il lavavetri ai semafori, il venditore ambulante, il rovistatore di cassonetti, dipinti come minacce al quieto vivere.
I dati smentiscono ogni affermazione ma non importa, la percezione conta più dei fatti: facendo appello a emozioni forti, come la paura, o semplificazioni estreme, come il «non ci sono i soldi» per le politiche sociali, lo scopo delle campagne securitarie diventa suscitare misure repressive per instillare paure e senso di minaccia. A essere perseguita non è la sicurezza sociale, di welfare e diritti, ma quella che dietro la sacra retorica del decoro assicura solo la difesa del privilegio. Sotto la maschera del bello vi è il ghigno della messa a reddito: garantire profitti e rendite tramite gentrificazione, turistificazione, cementificazione, foodificazione.
Wolf Bukowski ripercorre come l’adesione della sinistra a questi dogmi ha spalancato le porte all’egemonia della destra. Una perlustrazione dell’«abisso in cui, nel nome del decoro e di una versione pervertita della sicurezza, ci sono fioriere che contano come, e forse più, delle vite umane».

Luisa Muraro, Dio è violent
Nottetempo, 2012

«In un parlare sensato e nell’agire efficace, i silenzi contano così come conta il consapevole non agire».



A partire da una scritta su un muro di Lecce, “Dio è violent…! E mi molesta”, Luisa Muraro conduce un’analisi sull’uso della violenza in una società in cui è venuta meno la narrazione salvifica del contratto sociale. È un invito a finirla con la politica inefficace davanti ai problemi e impotente davanti ai prepotenti. Non si tratta di antipolitica: nossignori. La libera disponibilità di tutta la propria forza è il principio di un sapere necessario a vivere e ad agire oggi in vista di domani. Andare fino in fondo alla propria forza di resistenza e di opposizione fa bene alle persone e all’umanità. Un pamphlet incendiario sul perché e sul come si può combattere senza odiare, disfare senza distruggere, lottare senza farsi distruggere.