di Florencia Andreola

Pubblicato su DiTe, Aisre, il 22 giugno 2023

Se non ci fosse Vienna, sarebbe molto più complesso portare avanti le istanze che Sex & the City si prefigge di approfondire e di concretizzare per Milano e potenzialmente per tutte le città. Il rischio di sconfinare nell’idealismo sarebbe tale da rendere molto poco credibile la teoria secondo cui una città pensata per i bisogni delle donne sarebbe una città migliore per tutte*i.

E dunque, per fortuna che Vienna c’è. La quale, con gli oltre sessanta progetti pilota sulla città – tutti specificatamente basati sulle pratiche del gender mainstreaming, realizzati in forme partecipative, e preceduti da analisi quantitative dei bisogni reali -, ha punteggiato il suo tessuto di interventi a piccola scala, e ha ridato vita allo spazio pubblico.

Il lavoro che Vienna ha svolto in più di trent’anni è estremamente riconoscibile e ha la peculiarità di mostrare sia soluzioni che intervengono sull’esistente in maniera delicata e innovativa, sia progetti di nuova realizzazione.

Tutto ebbe inizio nel 1991, quando Eva Kail, oggi Gender Planning Expert della città di Vienna, insieme a un gruppo di progettisti urbani organizzò un’esibizione dal titolo “Who Owns Public Space — Women’s Everyday Life in the City”. Attraverso una serie di fotografie si mostravano le abitudini quotidiane di diversi gruppi di donne all’interno della vita urbana, mettendo in evidenza come i differenti tracciati delle donne nello spazio urbano fossero estremamente complessi e mai ripetibili. Ogni donna tracciava un percorso differente attraverso la città. Le immagini mostravano chiaramente come la sicurezza e la facilità degli spostamenti fossero una priorità per tutte loro.

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